Approccio alla musica con il metodo Kodály

L’approccio alla musica con il metodo Kodály parte da una filosofia seguita dalla prassi: considerare la musica come strumento di crescita privilegiato per la formazione completa dei giovani. I primi due strumenti naturali da cui partire sono la voce ed il corpo.

La metodologia kodalyana appartiene ai metodi globali di insegnamento sviluppatesi nel XX secolo. Zoltán Kodály, pedagogista e compositore ungherese, creò fin da subito un team che si allargò sempre più, formato da docenti, musicologi, compositori, pedagogisti e medici. Ciascuno nel suo ambito studiava le osservazioni raccolte nelle Scuole di ogni ordine e grado. Palese divenne l’importanza di dedicare settimanalmente del tempo allo studio della musica su tutte le fasce d’età. In particolare anche negli istituti superiori dove i ragazzi non avevano avuto precedente accesso alla musica si notò come due periodi di venti minuti a settimana di canto potessero innalzare il livello medio di successo scolastico fino al 30% (sostanzialmente le medie scolastiche si alzavano sia nell’area linguistica che logica).

Tutti i più noti musicisti del XX secolo sono diventati membri sostenitori dell’IKS, International Kodály Society che oggi raccoglie migliaia di insegnanti in 34 Paesi del mondo ove l’educazione musicale è portata avanti con rigore scientifico e metodologico. L’Istituto Kodály che si trova a Kesckemét, una città a sud di Budapest, è considerato il primo Istituto mondiale per l’insegnamento del solfeggio e prepara ogni anno i futuri insegnanti provenienti da tutto il mondo.

Perché in Italia questa metodologia di insegnamento della musica non è molto conosciuta? Perché se ne presentano soltanto alcuni strumenti, senza una completa visione d’insieme. Ai bambini piace immergersi nella musica a tutto tondo e allora presentiamola così: in ogni lezione offriamo la possibilità di vivere la musica nei suoi diversi ambiti a 360 gradi.

In realtà nel metodo Kodály troviamo due colonne made in Italy fondamentali: la pedagogia montessoriana e la tradizione guidoniana del solfeggio relativo (Giudo d’Arezzo viene considerato padre della notazione contemporanea). Inoltre, le perle di pedagogia musicale italiana insite nel programmi di Conservatorio fino a metà ottocento sono finite all’estero e coltivate attraverso il continuo lavoro di ricercazione. Da noi, le scelte politiche hanno operato un oscuramento delle prassi pedagogiche, relegando lo studio della musica a privilegio di pochi e concentrando l’attenzione sulla ricerca del virtuosismo, che come tutti gli –ismi, sa di esasperato. All’estero, in alcuni Paesi gli studi musicali hanno preso un’altra piega: musica è considerata e presentata come fondamentale per tutta l’età evolutiva, a fianco di lingua e matematica. E’ l’unica disciplina che permette il lavoro simultaneo di entrambi gli emisferi cerebrali, oltre a coinvolgere l’affettività e la capacità di relazione in maniera intensa. Chi vuole addentrarsi nel mondo del concertismo sceglie un certo indirizzo di studi, chi vuole dedicarsi all’insegnamento ne sceglie un altro e, al pari di tutti i corsi universitari, sono anni e anni di studio…

Ricordiamo che fino al XVIII secolo il “viaggio in Italia” era ambìto come necessario al completamento degli studi musicali…Era ancora l’epoca di Simone Mayr e Gaetano Donizetti…

L’Italia oggi è fra i Paesi Europei più bombardati di musica commerciale; il problema non è di per sé la musica commerciale ma che non esistono orecchie educate per ascoltare altro. Il gusto estetico, se non educato, porta ad un appiattimento delle aspettative e alla banalizzazione dell’offerta formativa che sarà sull’onda del suo pubblico.

Sviluppare una corretta capacità di ascolto significa educare a sentire anche il silenzio come momento buono, attesa di qualcosa di bello. Quando questo non avviene non è vero che le persone hanno sempre bisogno di riempirsi le orecchie di qualcosa, di essere frastornate?

E questo in fondo non fa parte anche dell’educazione religiosa che intende avvicinare l’uomo all’incontro con Dio? “Ascolta o Israele” è premessa di tutti i comandamenti…

Nel XX secolo sono vissuti in Italia tre ricercatori, tutti passati a miglior vita: Roberto Goitre, Giovanni Mangione e Alice Bernát. Il loro contributo ha ridato vigore a prassi dimenticate, traendo ispirazione a partire dal metodo Kodály. Un’opera di contestualizzazione per qualsiasi prassi è quanto mai necessaria.

In Italia va recuperata la coscienza di quanta importanza riversi in ambito linguistico e musicale il repertorio dei canti tradizionali, cernita secolare della musica trasmessa oralmente e forma artistica primaria. Inoltre i giochi tradizionali ad essi correlati aiutano i bambini di oggi a mettersi in relazione. Scoprire le radici della propria madrelingua è fondamentale prerequisito per ogni successivo studio: amplia il lessico, aiuta con le rime e con una ritmica distillata dall’intelligenza collettiva di chi ci ha preceduto.

La percezione che di noi hanno all’estero è che non siamo più coscienti di quello che abbiamo perso; forse vale la pena giocare quello che può essere giocato, a partire da quello che proponiamo nel concreto ai nostri bambini, oggi.

Un didatta italiano tutt’ora vivente, Carlo Delfrati, autore di innumerevoli opere per la Scuola, continua a ricordare l’importanza di una metodologia attiva (saggio “Il maestro ben temperato”). In musica, grazie alla capacità imitativa dei bambini è più facile addestrare che educare, ma solo la vera educazione lascia traccia nel profondo e permette all’autentica espressione musicale dei bambini di emergere e crescere.

Larissa Rimoldini

Un commento su “Approccio alla musica con il metodo Kodály

  1. Barbara Andreini

    25 agosto 2020

    Molto interessante! Si mettono in luce importanti verità’.

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